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21ª TAPPA: Schwerin

21ª TAPPA: Schwerin

Nella vita non ho fatto che cercare, cosa esattamente non lo so, ma alla fine delle miei indagini mi sono ritrovato sempre al punto di partenza, solo con più consapevolezza. Fotografare non è assolutamente un mezzo per salvarsi, ma solo un tentativo come un altro. Raccontare qualcosa a qualcun altro è dannatamente complicato, farlo per immagini lo è ancora di più. Ho sempre cercato di fotografare con un istinto ragionato, sentendomi libero ma usando la testa, come mi è sempre piaciuto fare, ma ogni mattina mi sento come se ripartissi da zero. A volte per cercare una sequenza che abbia senso impiego un mese, a volte non ci dormo la notte. La ricerca di un equilibrio armonico in cui la forma si accorda all’intelletto è una strada fatta di pentimenti che sostengono la struttura del mio lavoro. Alla fine scopro che devo adattare il mondo esterno al mio e tutto diventa chiaro. La realtà e la virtualità si mescolano in maniera sconcertante ma si amalgamano vincendo l’indifferenza. Capovolgere un’immagine non significa stravolgere la realtà, ma esplorarne una differente, sconosciuta e intima allo stesso tempo.

Ore 5.30. La nebbia lascia filtrare deboli raggi di sole che condensano l’aria trasformandola in rugiada. Questi accennano le ombre di un albero che appoggia la testa su un cespuglio. L’acqua scorre dolcemente ma con costanza in un unica direzione e senza far rumore. Il richiamo dell’airone cenerino risuona dall’altra sponda del fiume. Esco fuori dalla tenda sonnecchiando e butto lo sguardo verso l’infinito. Svegliarsi la mattina in riva all’Elba è un’emozione difficile da descrivere. Una tavolozza di colori in apparenza mischiati a caso, espressioni cromatiche che si accavallano cercando di prevalere una sull’altra senza successo. Lentamente le pupille si abituano a questa bellezza, i pensieri e le preoccupazioni evaporano assieme alle gocce di rugiada sulla mia tenda. E’ possibile prendersi del tempo e vivere una vita diversa da quella già tracciata. E’ possibile decidere chi si vuole essere e come esserlo. Mi siedo sulla riva, i colori pastello delle mattine del nord mi riempiono gli occhi di figure senza contorno. Le mie gambe avrebbero bisogno di una giornata di riposo, e questo sarebbe il luogo perfetto per oziare un giorno intero, ma la mancanza di elettricità necessaria per caricare le attrezzature e i prezzi delle strutture alberghiere mi impongono una ripartenza verso una nuova meta. Salgo in sella alla mia bicicletta e mi lascio il fiume alle spalle puntando dritto verso il paese successivo, Perleberg, una piccola cittadina curata nei minimi particolari. Il freddo comincia a diventare una costante mattutina, come ci si aspetterebbe da un paese del nord Europa, i paesaggi del Brandeburgo si legano a quelli della bassa Pomenaria anteriore fino alla città dei setti laghi, Qui si alternano boschi di faggio e distese di terre coltivate.

Nel frattempo le gambe si sono scaldate e siccome il freddo ha allentato la morsa e il vento è girato portando il sole, decido di non fermarmi a Ludwigskust. Il lago di Schwerin dista solo 30 km e li troverò sicuramente un altro posto appartato per accamparmi indisturbato. 

Mecklemburgo è conosciuta come la città dei sette laghi e delle sette foreste, mi accamperò sulle rive di uno di questi.

Nel centro della città mi si para in fronte una fortezza immersa nel verde e circondata dall’acqua. I miei occhi si riempiono di meraviglia, ho sempre immaginato così il castello delle fiabe che mia nonna mi leggeva quando ero un bambino.

Schwerin è la Cannes tedesca, si percepisce il benessere in angolo della città. Qui vengono organizzati durante l’anno una quantità mostruosa di eventi di qualità che rendono la città una meta culturale importante in diversi settori, oltre che una località turistica molto battuta per le sue meraviglie naturali.

Mi allontano dal caos, trovo riparo sono un albero sulle rive dello Schwerin see. Penso che qui potrei finalmente riposarmi prima di fare l’ultimo sforzo che mi porterà a liquidare la Germania.

Dopo aver piantato l’ultimo picchetto sento cantare, gridare ragazzini che giocano al pallone. Lo schiamazzo, il via vai delle macchine. La mia mente si sintonizza sul crepitio del fuoco del falò, la mia anima di scalda e in pochi minuti un flash over emotivo divampa mentre esternamente sono dominato dalla calma. 

Ascolto il canto del vento, mi perdo nello spazio e nel tempo, la voce della solitudine mi spiega una lezione sul guardare attraverso gli altri sensi, chiarisce il valore della lentezza e dello stupore. La necessità di riconnettersi con il proprio mondo non è quasi mai svelata, e non la si può acquistare con un pacchetto vacanze. Se adatti il mondo alle tue volontà, il tuo sistema di valori cambia.

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